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Siamo immersi in un "tutto digitale". Qualsiasi impresa sembra alla portata di chiunque: il mondo ci offre la facilità come segno distintivo del consumo digitale. Ma siamo ancora in grado di spiegarci le trasformazioni che stiamo vivendo? Possediamo una memoria capace di risalire alle origini di quanto accade oggi? In queste pagine Giampiero Beltotto, uomo di comunicazione, pone con forza la necessità di riflettere sulle forme del nostro vivere quotidiano per non lasciarsi sopraffare da quella che definisce una cultura "barbara", cioè "di altra stirpe", "che ha trovato nel digitale uno strumento e un varco". La sfida - sostiene Beltotto - "non consiste nell'aprire una stagione di neoluddismo per distruggere gli strumenti del digitale, così come negli anni settanta non si trattava di bruciare le fabbriche perché avevamo scoperto che la cultura fordista spazzava via la sapienza contadina per edificare il 'tutto fabbrica'". Bisogna, invece, attrezzarsi per tornare a "vivere in un mondo a misura di ciò per cui siamo nati, la bellezza". Da qui prende avvio un percorso, personale e sociale insieme, che dal '68 conduce alla Silicon Valley. Molti i temi affrontati: la tirannia del "politicamente corretto", che tende ad assuefarci all'idea che il pensiero unico sia anche l'unico possibile; la necessità di una classe dirigente e di una scuola - il liceo classico - che serva a formarla; la messa in discussione dell'attuale sistema di selezione e diffusione delle notizie...